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FOTOGRAFIE LIBERE PER I BENI CULTURALI

Gian Antonio STELLA, La gabella (da abolire) che pesa sugli studiosi

 «Corriere della Sera», 5 novembre 2014
 stella
Che differenza c’è tra lo studio dei «Princìpi di scienza nuova» di Giambattista Vico e l’acquisto di una bottiglia di Chateau Margaux per una serata con gli amici? Nessuna, secondo lo Stato italiano: sono entrambi due sfizi. Vuoi toglierti il capriccio? Paga. Pare impossibile, infatti, ma a distanza di mesi non è stato ancora posto rimedio a una delle leggi più insensate votate negli ultimi tempi. Quella che vieta ai ricercatori, agli studenti, agli studiosi in genere di fotografare con il telefonino o con una macchina digitale i libri sui quali stanno lavorando per una tesi, un dottorato, una ricerca…
All’estero, come ha spiegato su Il Giornale dell’Arte Mirco Modolo, non è così: «A Londra e Parigi gli studiosi possono riprodurre i documenti con mezzi propri». Ovvio: ogni Paese ha…

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Quando Edgar Degas visitò per la prima volta l’Italia all’età di 20 anni nel 1854, il suo era qualcosa di più del
normale viaggio di studi de rigueur comune per molti artisti francesi: stava semplicemente tornando a casa.
Napoli era la città natale di suo padre, dove Edgar fu accolto da Hilaire, l’emigré “nonno Ilario”, nel palazzo
settecentesco costruito dal Sanfelice che negli anni a venire l’artista stesso avrebbe in parte posseduto. A Firenze
si ricongiunse con un’altra parte della propria famiglia nella dimora di sua zia Laura Degas, sposata con
Gennaro Bellelli. Mentre Degas era occupato a perfezionare l’arte del disegno in mezzo ai capolavori esposti
nelle chiese e nelle gallerie, i suoi sforzi pittorici si concentrarono sui ritratti dei suoi parenti italiani. Uno di
questi, La Famille Bellelli, conservata nel Musée d’Orsay, divenne il punto nodale di un enorme sforzo
concettuale e questa enorme tela, psicologicamente penetrante, è il primo capolavoro dell’allora giovane artista.
In gran parte basato su inediti documenti archivistici e corredato da un significativo apparato iconografico,
questo libro ci aiuta a comprendere in profondità non solo la personalità dei vari membri della famiglia Bellelli,
ma anche il dramma familiare legato al quadro, che si snoda per tutto il lungo, e per molti versi sconosciuto,
periodo di gestazione del dipinto. In particolare, il libro getta nuova luce sulla figura di Gennaro Bellelli che,
grazie alle nuove fonti messe insieme da Rosa Spinillo ci rivelano un suo lato fin’ora sconosciuto: un patriota del
Risorgimento, intimo di alcuni dei personaggi principali legati al processo unitario dell’Italia Ottocentesca. Un
decennio di paziente e costante scavo tra le carte d’archivio, che ha portato alla luce fondi documentari mai visti
in precedenza, e l’aiuto dei parenti superstiti di Degas hanno permesso all’autrice di ricostruire minuziosamente
le vicende di questo ramo dei Bellelli, originario del Salernitano. Gli anni di studio, alla fine hanno condotto ad
un’importante scoperta storico-artistica: l’identificazione certa del soggetto di un ritratto a pastello di Degas
recentemente venuto alla luce in una collezione privata. Adesso scopriamo che la sconosciuta donna del ritratto
altri non era se non Francesca de Vito Piscicelli, moglie di Federico Bellelli, a sua volta fratello di quel Gennaro
che ci volta le spalle nella tela del Musée d’Orsay. Rosa Spinillo ha dimostrato come, ancora una volta, il lavoro
di Degas come ritrattista è intimamente legato all’ospitalità e alle cortesie ricevute da parte dei suoi parenti Bellelli.

Dalla Prefazione di Louis Alexander Waldman

http://www.palombieditori.it/detail.php?book=1354&vetrina=venduti

L' ESPERTA D'ARTE - Esperta di Degas

 

“Madame Bellelli”

 

                                  Étude sur un pastel attribué à Edgar Degas

                                    

                                            Analyse historique et critique

 

                                     Conduite par le Doct.Rosa Spinillo

 

 


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L' ESPERTA D'ARTE - Esperta di Degas

Degas, per la maggior parte delle persone, è l’artista che ha raffigurato soprattutto il mondo della danza classica. Tuttavia, pensare a lui soltanto in questi termini, lo defrauda ingiustamente della grande varietà e della complessità della sua arte. Degas è stato infatti un eccellente ritrattista, un interprete estremamente originale di soggetti equestri, uno dei grandi maestri del nudo del diciannovesimo secolo, un paesaggista estemporaneo, nonché un innovatore come incisore e scultore. Figura di spicco dell’avanguardia parigina, dal 1870 al 1917, anno della sua scomparsa, Degas ha esplorato un ampio ventaglio di tematiche, traendole dalla vita parigina contemporanea. Eppure, la sua arte, come quella di alcuni, anche se non di tutti i suoi amici impressionisti, aveva profonde radici nell’arte del passato e ciò conferisce forza anche ai soggetti più audacemente moderni. L’arte italiana ha svolto un ruolo di primo piano nella formazione visiva dell’artista francese. Egli era particolarmente attratto dai grandi…

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Il concetto di Arte

Degas. Gli scritti

La pittura non è molto difficile, quando non si sa … Ma se la si conosce … oh! allora! … È tutta un’altra cosa ………

… non bisogna mai mercanteggiare con la natura. In verità ci vuole del coraggio per abbordare frontalmente la natura nei suoi grandi piani e nelle sue grandi linee, e della vigliaccheria per farlo attraverso le sue sfaccettature e i suoi particolari …

Il disegno non è la forma, è il modo di vedere la forma.

Va molto bene copiare quel che si vede; molto meglio disegnare quello che non si vede più, se non nella memoria: è una trasformazione in cui l’immaginazione collabora con la memoria, e così non si riproduce se non quello che vi ha colpiti, cioè l’essenziale. Allora i ricordi e la fantasia sono liberati dalla tirannia che esercita la natura. Ecco perché i quadri eseguiti in questo modo, da chi abbia una memoria esercitata e conosca i maestri e il mestiere sono quasi sempre opere considerevoli. Guardate Delacroix.

Cercare lo spirito e l’amore del Mantegna con il brio e il colore del Veronese.

Ci sono un’espressione e un dramma sconvolgenti in Giotto:

è un genio.

Giotto, movimento sublime del san Francesco che caccia i demoni, san Francesco che conversa con Cristo … Non sono mai stato così commosso; non mi dilungo oltre, ho gli occhi pieni di lacrime.

… un dipinto è prima di tutto un prodotto dell’immaginazione dell’artista, non deve mai essere una copia. Se, in seguito, può aggiungere due o tre tocchi di natura, evidentemente non fa male. L’aria che si vede nei quadri dei maestri non è un’aria respirabile.

Nessuna arte è meno spontanea della mia. Quel che faccio è il risultato della riflessione e dello studio sui grandi maestri; di ispirazione, spontaneità, temperamento, io non ne so niente. Bisogna rifare dieci volte, cento volte lo stesso soggetto. Nulla in arte deve sembrare casuale, nemmeno il movimento.

Fare della testa d’espressione (stile accademico) uno studio del sentimento moderno … La bellezza non deve essere nient’altro che una certa fisionomia … Il mistero della Belle Ferroniere non sta nella quiete della figura, ma nella sua mancanza di espressione … Ricordarmi di certe carnagioni femminili, come d’avorio rosato, con abiti scuri, velluti verdi o neri, come si trovano qualche volta nei primitivi.

Fare ritratti in atteggiamenti familiari e tipici, soprattutto dare ai visi la medesima espressione che si da al corpo. Così, se la risata costituisce la caratteristica di una persona, farla ridere.

Disporre dei gradini tutto intorno a una sala, in modo di abituarsi a disegnare le cose sia dal basso sia dall’alto. Dipingere solamente cose viste in uno specchio per abituarsi al disprezzo del trompe-l’oeil. Per fare un ritratto, far posare al pian­terreno e lavorare al primo piano, in modo di abituarsi a ricordare le forme e le espressioni, e non disegnare ne dipingere mai direttamente.

Dopo aver fatto ritratti visti dall’alto, ne farò di visti dal basso. Seduto vicino a una donna, mentre la guardo dal basso, vedrò la sua testa nel lampadario circondato di cristalli.

Tutto mi attira qui [a New Orleans], guardo tutto … Niente mi piace di più delle negre di ogni sfumatura che tengono fra le braccia bambini bianchi, così bianchi, sulla soglia di case bianche, con colonne in legno scanalato e giardini d’aranci, e signore in mussola davanti alle loro casette, e le navi-traghetto con due ciminiere alte come camini di stabilimenti, e i mercanti di frutta con le botteghe piene, stipate, e il contrasto degli uffici — attivi e sistemati in modo così funzionale — con questa immensa forza animale nera … E le belle donne di sangue puro, e le graziose meticce, e le negre così, ben piantate!

Conto, se ne avrò il tempo, di riportare [da New Orleans] qualche piccola cosa dal vero; ma per me, per la mia camera. Non si deve fare indifferentemente arte di Parigi e arte della Luisiana, in tal modo diventerebbe un « Monde illustre ». E poi, in realtà, soltanto un soggiorno prolungato ci rivela le abitudini di una razza, cioè il suo fascino. L’istantanea è la fotografia, e niente di più.

Non vedo l’ora di ritrovarmi a casa mia, di lavorare in un rapporto diretto. Non si fa niente, qui [a New Orleans]; la ragione sta sia nel clima sia nel cotone: si vive per il cotone e per mezzo del cotone. La luce è così forte che io non ho potuto fare niente in riva al fiume. I miei occhi hanno talmente bisogno di cure che non li sforzo per nulla … Qui, Manet più di me vedrebbe belle cose; senza trame, però, maggior vantaggio. Non si ama e non si fa dell’arte che con ciò di cui si ha l’abitudine. La novità, prima attira, poi annoia … Dunque, evviva la biancheria di fino, ma in Francia! … Io ho sete di ordine … Sogno qualcosa di ben fatto, tutto ben ordinato (stile Poussin), e la vecchiaia di Corot.

… Serie sugli strumenti e sui suonatori — la loro forma — l’attorcigliarsi della mano e del braccio e del collo del violinista, per esempio, il gonfiarsi e l’incavarsi delle guance dei suonatori di contrabbasso, di oboe, ecc. …

Lavorare molto sugli effetti della sera, delle lampade, della bugia, ecc. Interessante non è mostrare sempre la fonte della luce, ma il suo risultato. Questo aspetto dell’arte può oggigiorno divenire immenso — è mai possibile non rendersene conto?

Fare operazioni semplici, come disegnare un profilo che non si muova, movendo noi stessi, salendo e scendendo per tutta una figura, un mobile, un salotto al completo … Fare una serie di movimenti di braccia nel ballo, o di gambe che non si muovano, girandogli intorno … ecc. Infine, studiare una figura in scorcio, o un oggetto o qualsiasi cosa … Escludere molto: di una ballerina fare le braccia o le gambe; o le reni, fare le scarpette, le mani della pettinatrice, la pettinatura tagliuzzata, piedi nudi in atto di danzare, ecc. …

Un dipinto richiede un certo mistero, un che di vago, di fantastico: quando si mettono sempre i puntini sulle ‘i’, si finisce per annoiare. Bisogna anche comporre dal vero. Taluni sono convinti che sia proibito! Anche Corot doveva comporre dal vero, e soprattutto da lì deriva il suo fascino. Un quadro è una combinazione originale di linee e di toni che si valorizzano …

Un quadro è una cosa che richiede tanta furberia, malizia e vizio, come l’esecuzione di un crimine; bisogna falsificare e aggiungervi un tocco di natura …

[A proposito dei suoi nudi femminili] … la bestia umana che si occupa di se stessa, una gatta che si lecca. Finora il nudo è sempre stato presentato in pose che presupponevano un pubblico; invece le mie donne sono gente semplice, onesta, che non si occupa d’altro che della propria cura fisica. Eccone qui un’altra: si sta lavando i piedi, ed è come se la si guardasse attraverso il buco della serratura.

Ricordo facilmente il colore di certi capelli, per esempio, perché avevo l’idea che fossero capelli di legno di noce verniciato, oppure di stoppa o ancora di scorza di castagne d’India. Sarà la resa della forma a trasformare questo colore, press’a poco esatto, in capelli veri, con la loro sofficità e leggerezza, o durezza e peso …

La pittura è fatta per essere vista? Capite bene, si lavora per due o tre amici viventi, per altri che non si conoscono o che sono morti. Riguarda forse i giornalisti che io dipinga stivali o scarpette di stoffa? Si tratta d’una faccenda privata …

I letterati spiegano Parte senza capirla.

L’arte è il vizio: non la si sposa legittimamente, la si violenta!

Per produrre buoni frutti bisogna mettersi in poltrona, restare là tutta la vita con le braccia stese, la bocca aperta, per assimilare quel che avviene, quello che sta intorno a noi, e vivere di ciò.

Dov’è finito il tempo in cui mi credevo forte, quando ero pieno di logica, di progetti? Sto scendendo la china molto alla svelta, e rotolando non so dove, avvolto in molti pessimi pastelli come in una carta d’imballaggio.

A essere celibi e sui cinquant’anni, si hanno alcuni di questi momenti, in cui ci si chiude come una porta, e non soltanto per gli amici. Si sopprime tutto intorno a sé; e, una volta solo, uno si annulla, infine si uccide per disgusto. Ho fatto troppi progetti, eccomi bloccato, impotente; e poi ho perso il filo. Pensavo di avere sempre tempo; quel che non facevo, quello che mi si impediva di fare in mezzo a tutte le mie noie dispetto della vista malandata, non disperavo mai di ritornarci sopra un bei giorno. Accumulavo tutti i miei progetti m un armadio, di cui portavo sempre con me la chiave: ora ho perduto questa chiave …

Ero o, almeno, sembravo duro con tutti, per una specie di attrazione verso la brutalità che proveniva dai miei dubbi e dal mio cattivo umore. Mi sentivo tanto mal fatto, sprovveduto, debole, e mi sembrava invece che i miei progetti artistici fossero così giusti. Ero scorbutico con tutti e con me stesso. E vi chiedo scusa se, sotto il pretesto di questa dannata arte, ho ferito il vostro spirito nobile e acutissimo, forse anche il vostro cuore.